La guerra del Sud Sudan ha avuto inizio due anni dopo l’indipendenza dal Sudan (2011). Il 2013 segna l’inizio delle violenze e delle lotte armate tra diversi gruppi rivali che hanno preso parte ad un conflitto per la contesa guida politica del paese. Dopo la guerra il paese è stato colpito da carestie, alluvioni ricorrenti e da epidemie sanitarie.

 

 

 

Il popolo sud sudanese combatte per la sopravvivenza da sempre, dal sogno dell’indipendenza all’incubo della fame. A sette anni di distanza dall’inizio della guerra, una possibile pace sembra più vicina e reale. Sono stati infatti avviati i negoziati di riconciliazione tra i rappresentanti del governo e movimenti di opposizione. Un percorso lungo, per un cessate il fuoco ed una dichiarazione congiunta sui principi politici e umanitari che dovrebbe concludersi nelle prossime settimane nella città di Roma.

La violenza politica si è ridotta ma non si è mai arenata in modo significativo in tutto il Sud Sudan. A questo, si sono aggiunte le recenti alluvioni che hanno provocato ingenti flussi di persone in fuga alla ricerca di un riparo, tutto nel pieno della pandemia di COVID-19 che costituisce una preoccupazione allarmante in condizioni di vita già così difficili, in un paese che non ha strutture sanitarie adeguate.

 

I Protection of Civilians sites

 

Il risultato della guerra civile protratta negli anni, ha portato alla creazione dei PoC (protection of civilians), campi di sfollati che si trovano in diverse aree del paese e che furono allestiti a seguito delle persecuzioni etniche, che hanno visto centinaia di migliaia di persone fuggire dalle proprie abitazioni. Avevano perso tutto, avevano bisogno di un rifugio e di aiuto umanitario. Alle fine di quest’anno il corpo di sicurezza delle Nazioni Unite per il Sud Sudan – UNMISS – lascerà gradualmente il controllo di quei territori, in vista di una normalizzazione della situazione.

Nel campo di Malakal, una delle principali stazioni operative di INTERSOS, nella regione settentrionale dell’Alto Nilo, abbiamo iniziato un nuovo progetto dedicato ai tanti minori residenti nel PoC”, racconta Stefano Antichi capo missione INTERSOS in Sud Sudan. La nostra missione è presente dal 2006 in questo territorio devastato. Oggi più che mai bisogna ripartire dall’istruzione, dalla scuola, per questo ci siamo attivati per far riaprire le scuole, riabilitando i servizi igienici e provvedendo alle misure necessarie soprattutto in questo periodo di pandemia, come disinfettare le aule e gli spazi comuni e fare campagne di sensibilizzazione per studenti e insegnanti sull’importanza dell’igiene e sulle precauzioni per prevenire il COVID-19”.

 

Cosa ne sarà degli sfollati

 

Ci si domanda che fine faranno le centinaia di migliaia di persone che ancora oggi, dall’inizio del conflitto, vivono nei campi, con i militari alle porte e la difficoltà di ricostruirsi una vita dignitosa. Nonostante sia concesso loro di spostarsi liberamente e recarsi in città, ancora oggi, i loro villaggi, le loro case sono distrutte. Tutt’intorno ci sono solo macerie. La distruzione del conflitto è visibile e tangibile. In Sud Sudan ci sono 9,6 milioni di persone in stato di insicurezza alimentare e 2,55 milioni sono gli sfollati in tutto il paese. 30 mila è il numero dei contagi ‘ufficiali’ attualmente registrati nel paese. Un numero sicuramente in difetto rispetto alla realtà, considerando le difficoltà interne nel riuscire a tracciare la diffusione dell’epidemia, in contesti dove non è possibile mantenere nessun tipo di misura di contenimento, come nel caso dei campi PoC.

Queste persone hanno bisogno di ogni genere di sostegno, materiale e non. Oltre al cibo, manca qualsiasi tipo di prodotto igienico a partire dall’acqua potabile. La presenza dei fiumi rappresenta l’unica possibilità per l’igiene personale, causando spesso l’effetto contrario e aumentando il rischio dell’insorgere di malattie” racconta Stefano. Al di là degli ufficiali accordi di pace, le tensione e gli episodi di violenza tra le diverse comunità rimangono una costante. Non finiscono mai, possono rallentare ma, di fatto, i giovani delle diverse comunità continuano a scontrarsi causando disagi e soprattutto aumentando i già elevati livelli di insicurezza nel paese, soprattutto a danno delle donne e delle bambine, spesso sopravvissute a violenze e abusi.

Il progetto di INTERSOS intende rafforzare le attività su due componenti fondamentali per la dignità e tutela dei diritti di queste persone: la scuola e l’acqua.

 

 

 

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