Gli attacchi di questi giorni contro le ONG impegnate nei salvataggi in mare nel Mediterraneo sono una vergognosa speculazione. Siamo stanchi di aiutare bambini vittime di tortura, donne violentate e sentire basse e mal costruite invenzioni e strumentalizzazioni politiche.

Il lavoro delle ONG nel Mediterraneo è salvare vite umane. Chi con navi proprie, chi, come gli operatori INTERSOS, in collaborazione con UNICEF, partecipando alle operazioni di soccorso sulle navi della Guardia Costiera Italiana. Se siamo lì, è per fermare una strage. Se a qualcuno questo lavoro non piace, dica con chiarezza che preferisce un morto annegato ad un essere umano tratto in salvo.

Il Mediterraneo è diventato un cimitero d’acqua dove in poco più di un anno sono morte oltre 5mila persone: uomini, donne e bambini in fuga da guerre, violenze e povertà estreme, salpati dalle coste di un paese, la Libia, dove violenze e sopraffazioni nei confronti dei migranti sono una costante fuori controllo.

Se siamo nel Mediterraneo è perché nel 2016 il numero di morti in mare ha superato ogni record. Una strage aggravata da politiche basate sulla chiusura e la militarizzazione dei canali di migrazione, a scapito del rispetto di diritti umani e dei fondamentali principi umanitari.