Esce oggi il rapporto “Oltre la frontiera – L’accordo Italia-Albania e la sospensione dei diritti”, realizzato da un gruppo di lavoro del Tavolo Asilo e Immigrazione che negli ultimi mesi ha preso parte a tre missioni di monitoraggio in Albania e condotto ricerche sul campo. Questo report ha l’obiettivo di analizzare l’accordo tra Italia e Albania e la sua attuazione, mettendo in evidenza l’impatto sulle vite delle persone migranti e le criticità che emergono nella sua dimensione giuridica e politica.

Negli ultimi mesi, il TAI ha condotto un monitoraggio indipendente, documentando attentamente i metodi operativi e raccogliendo testimonianze dirette attraverso missioni organizzate. Le missioni hanno incluso un gruppo diversificato di partecipanti—avvocati, esperti legali, mediatori culturali e parlamentari— che hanno avuto accesso a strutture chiave: l’hotspot di Shëngjin, dove avvengono l’accoglienza iniziale e le valutazioni di vulnerabilità, e il centro di Gjader, una struttura di detenzione multifunzionale.

Il quadro che emerge dalle visite di monitoraggio effettuate è indiscutibile: i centri in Albania sono illegittimi e sbagliati sul piano etico, giuridico ed economico. Le violazioni riscontrate sono numerose e sistematiche: valutazione delle vulnerabilità assolutamente inadeguata, con l’esclusione dal trasferimento effettuata in condizioni non idonee e senza un esame approfondito dei singoli casi; applicazione generalizzata delle procedure accelerate in frontiera, che comporta una torsione inaccettabile del diritto d’asilo e un indebolimento delle garanzie per i richiedenti protezione; trattenimento prolungato fin dalla “selezione” in mare, con le persone sottoposte a privazione della libertà personale già a bordo delle navi, senza alcun provvedimento formale e con tempi indefiniti; impossibilità per le persone di esercitare il diritto alla difesa in condizioni adeguate, a causa dell’isolamento, della difficoltà di accesso a un’assistenza legale effettiva e della rapidità delle procedure che impediscono una consapevolezza del quadro giuridico entro il quale va collocata la domanda di protezione.

Le modalità con cui i trasferimenti vengono eseguiti, l’opacità del sistema di garanzie, le difficoltà nell’accesso alla protezione internazionale e la mancanza di un effettivo controllo indipendente impongono un’attenzione costante da parte della società civile. Questo report vuole essere un primo contributo in questa direzione, offrendo un’analisi basata su dati raccolti sul campo e sulle esperienze di monitoraggio finora realizzate.