La manovra triennale di finanza pubblica contenuta nel disegno di legge di bilancio in
discussione alla Camera delude le aspettative suscitate un mese fa dalla nota di aggiornamento
del Def, documento di economia e finanza, in merito all’insieme dell’aiuto pubblico allo sviluppo
(Aps). Il Governo fa un passo indietro, subito dopo averci dato l’evidenza di farlo avanti. Ciò non
significa che l’Italia non possa continuare a sviluppare una cooperazione internazionale di
qualità ed efficace. Si tratta di un’occasione mancata, di una rinuncia di fronte ad altre supposte
priorità, proprio nel momento in cui la cooperazione allo sviluppo assume importanza strategica
nelle relazioni internazionali del nostro paese, in particolare con l’Africa e il Medio Oriente.
La Nota di aggiornamento del Def, documento di economia e finanza, approvata dal Consiglio
dei ministri il 27 settembre scorso, stabiliva che per il triennio 2019-2021 gli obiettivi di spesa
per l’Aps, aiuto pubblico allo sviluppo, fossero pari allo 0,33% del Rnl nel 2019, allo
0,36% nel 2020 e allo 0,40% nel 2021, partendo dallo 0,30% raggiunto nel 2018. L’avevamo
considerata una buona notizia e un reale cambiamento di marcia, da tempo atteso, verso il
riallineamento con la media dei paesi europei (0,50% del Rnl). La cooperazione allo sviluppo
è ormai da tutti considerata come un investimento per il futuro delle relazioni politiche ed
economiche del nostro paese, per uno sviluppo sostenibile condiviso e per affrontare in modo
complessivo e integrato il tema dei movimenti migratori e del loro governo, basato su accordi
con i paesi di provenienza, nella reciproca fiducia e nel rispetto dei diritti umani, con una visione
lungimirante ad interesse e beneficio reciproci.
Vorrei essere smentito ma una prima lettura delle tabelle del Tomo III del disegno di legge
(Ddl) di bilancio sembra non lasciare dubbi. Non vi è alcuna progressione degli
stanziamenti, alcun adeguamento alla media europea, alcun cambiamento di marcia.
Come se la Nota di aggiornamento del Def, di un mese fa, non fosse mai esistita. L’impegno
complessivo dell’Aps italiano rimarrà nel 2019 sostanzialmente flat, piatto, lontano dal
programmato 0,33% e con la probabilità di perdere punti rispetto allo 0,30% del 2018. Il Ddl
prevede due significativi incrementi: di 130 milioni di Euro sul capitolo “Cooperazione allo
sviluppo”, in particolare per la partecipazione alle attività di cooperazione in ambito europeo e
multilaterale; di circa 100 milioni sul capitolo “Politica economica e finanziaria in ambito
internazionale”, con riferimento alla partecipazione a banche, fondi ed organismi internazionali
di sviluppo. Però essi riescono solo ad equilibrare i tagli, pur limitati, in altre voci di bilancio.
È bene soffermarci anche su un secondo punto di rilievo. Le regole del Comitato per l’aiuto allo
sviluppo dell’Ocse (Ocse-Dac), di cui l’Italia è membro, permettono di considerare aiuto
pubblico allo sviluppo le somme gestite dal ministero dell’Interno a copertura dei costi
relativi alle persone che hanno fatto richiesta di protezione (rifugiati, beneficiari di
protezione internazionale, protezione temporanea o sussidiaria, richiedenti asilo), limitatamente
a 12 mesi a partire dalla presentazione della domanda. Nonostante la riduzione delle richieste
di asilo e protezione, il Ddl mantiene per il triennio 2019-2021 gli alti stanziamenti dell’anno
precedente. Si tratta di circa due miliardi di euro, il 30% dell’Aps dell’Italia.
La riduzione delle domande di protezione permetterà quindi di utilizzare parte di tali somme per
la migliore dignitosa integrazione dei rifugiati e beneficiari di protezione. Stando ai ripetuti
annunci del ministro dell’Interno potrebbero anche essere utilizzate “per intensificare i
rapporti con i Paesi africani, non solo per risolvere il problema dei flussi ma anche dal punto
di vista economica e sociale, con precisi progetti di sviluppo ed investimenti mirati al sostegno
dell’economia e del lavoro di centinaia di migliaia di persone”. In proposito, è bene ricordare ed
evidenziare che la legge 125/2014 attribuisce la responsabilità politica della cooperazione
internazionale “al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che
ne stabilisce gli indirizzi e assicura l’unitarietà e il coordinamento di tutte le iniziative nazionali di
cooperazione”. Occorrerà quindi che l’eventuale utilizzo di risorse del ministero dell’Interno per
attività di cooperazione allo sviluppo avvenga in modo coerente con quanto stabilito inequivocabilmente da tale legge.