I traumi e i fattori di stress causati dalla guerra sono innumerevoli sia per gli sfollati che per chi è rimasto a casa, spesso solo. Dal 2022 abbiamo assistito circa 5mila persone tra donne, uomini e bambini. Prevediamo di raggiungerne altre 4mila nei prossimi sei mesi, con il supporto dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

 

 

 

In Ucraina, camminando per strada, si può osservare la vita scorrere lentamente. Le persone, ormai abituate ad un contesto di conflitto, hanno sviluppato un altissimo livello di resilienza. Le giornate trascorrono in un’apparente normalità. 

A differenza di altri contesti in cui lavoriamo, in Ucraina non si vedono bambini malnutriti, non ci sono persone che muoiono di fame. I problemi – qui – sono diversi da ogni altro Paese in cui siamo. Si vive sempre con la tensione che da un momento all’altro si possa passare da quell’apparente normalità a una situazione spaventosa e imprevedibile. L’imprevedibilità è ciò che caratterizza questo contesto. Tutto può cambiare da un momento all’altro.

I fattori di stress estremo sia per le persone che sono partite, sia per quelle che rimangono, sono innumerevoli: l’esposizione alla violenza, lesioni fisiche e malattie, il trasferimento e la separazione da persone care, i lutti, la perdita della casa e di tutti i beni, l’interruzione dell’istruzione e, in alcune località, la scarsità di cibo e acqua e le difficoltà di accesso ai servizi fondamentali come la sanità, l’assistenza sociale e la protezione legale. 

Le conseguenze della guerra sono ancora più drammatiche sui minori. Molti bambini sfollati hanno passato i primi mesi del conflitto in isolamento con la famiglia e sono stati poi costretti a fuggire lasciandosi dietro tutto ciò che costituiva la loro quotidianità: la casa, la scuola, gli amici. Ci sono bambini che non vanno più a scuola in presenza dal 2022, cioè dall’inizio del conflitto, o addirittura dal 2020, quando la pandemia di Covid-19 ha fermato tutto. La maggior parte delle scuole sono state chiuse perché non abbastanza sicure o attrezzate con rifugi anti-bomba. Altri, si alternano nelle lezioni tra mattina e pomeriggio, poiché le strutture di rifugi di emergenza non sono abbastanza grandi da poter accogliere tutti in caso di attacchi. 

L’isolamento e i traumi della guerra impediscono un corretto sviluppo cognitivo, emotivo, sociale e fisico. Ci sono bambini e bambine che non parlano tra di loro, che faticano a relazionarsi o che hanno un attaccamento morboso ai genitori. 

Sicuramente nelle “newly accessible areas” -aree che, dopo periodi prolungati di conflitto intenso, sono diventate accessibili solo di recente- abbiamo rilevato che le persone presentano problematiche psicologiche diverse rispetto a quelle che vivono nelle aree più lontane dal fronte, come Odessa. Il “trauma da frontline” è più vivo e immediato da identificare, mentre a Odessa i traumi sono latenti. 

Nell’Oblast di Kherson, le persone hanno vissuto traumi inimmaginabili, hanno visto le proprie case distrutte, alcuni hanno assistito alla morte dei loro parenti. Qui forniamo supporto psicologico attraverso due squadre di protection, costituite da assistenti sociali e psicologi, che cercano di comprendere quali siano i principali bisogni delle persone o delle famiglie che assistiamo per poi rimandarle a servizi specializzati oppure fornire loro beni di prima necessità come vestiti invernali o letti. Le nostre attività si focalizzano su aree remote e rurali, dove la prima cosa che si nota, a colpo d’occhio, è la distruzione. 

Sia nella regione di Kherson che di Odessa forniamo supporto psicologico alle persone sfollate e anche alle persone che rimangono nelle loro città ma che sono rimaste sole. Tra queste, le donne i cui mariti sono stati reclutati per andare a combattere al fronte. Dalle nostre sessioni di supporto psicologico di gruppo fuoriescono quotidianamente sentimenti di ansia e tristezza, mancanza di speranza, difficoltà a dormire, affaticamento, irritabilità o rabbia oltre a diversi sintomi psicosomatici. Con il tempo siamo riusciti a creare uno spazio di ascolto e condivisione, un appuntamento fisso per famiglie, bambini e persone sole che non possono trovare conforto altrove. 

Dal 2022 abbiamo assistito circa 5mila persone, tra donne, uomini e bambini. Un team specializzato di psicologhe e operatrici sociali ha creato inoltre uno spazio stabile di ascolto sul quale le persone possono fare affidamento e svolgere un percorso duraturo. Inoltre, per raggiungere le persone più vulnerabili e più lontane, lavoriamo anche con delle unità mobili di primo soccorso psicologico sul campo, che intervengono in caso di emergenze. Prevediamo di raggiungere, con il sostegno di AICS, altre 4mila persone nei prossimi sei mesi negli Oblast di Odessa e Kherson.