Nella più grave crisi umanitaria del mondo, 16 milioni e mezzo di persone soffrono la fame e dipendono totalmente dagli aiuti umanitari

 

 

Generalmente raccontato come il Paese della “guerra dimenticata” lo Yemen è in realtà il Paese della “guerra ignorata”. La Farnesina insieme all’Università di Urbino* spiega come i canali di informazione si limitino a raccontare dello Yemen – Paese diviso in due, Nord e Sud – solo quei pochi “fatti” che hanno un rapporto con l’Occidente. Eppure, si sta parlando della “più grave crisi umanitaria” del mondo, per usare le parole del segretario generale dell’ONU. I numeri sono spaventosi: quasi 21 milioni di persone hanno bisogno di aiuto, 16 milioni e mezzo soffrono la fame e dipendono per la propria sopravvivenza da aiuti umanitari. Due milioni e mezzo di bambini sono in una condizione di “malnutrizione acuta”. Gli sfollati, poi, sono quattro milioni. A questo quadro si aggiungono anche le centinaia di migliaia di rifugiati e richiedenti asilo scappati dalle guerre nei paesi limitrofi.

 

All’interno della catastrofe più drammatica del mondo, i nostri operatori e operatrici lavorano dal 2008, anche nella parte settentrionale del Paese, sotto il controllo del gruppo Houthi, e nell’ultimo anno hanno aiutato, con i progetti umanitari, 772 mila persone. In particolare a Nord, portiamo avanti otto progetti per sostenere le cure mediche, la salute, la nutrizione, la protezione, il diritto all’acqua e all’igiene delle persone. Supportiamo 21 strutture mediche, portiamo avanti interventi a Qafl, Shamer e ad Abs, e con una clinica mobile nel distretto di Ku’aydina raggiungiamo strutture in aree quasi irraggiungibili, che senza l’intervento di INTERSOS non potrebbero funzionare.

 

La protezione delle donne in Yemen

 

Dietro queste cifre e questi progetti ci sono le persone, sottratte alla guerra. Come il progetto che prevede la “protezione” per più di ottomila donne e bambini. Dentro questo progetto, ci sono i corsi di formazione per mille e quattrocento donne. “E magari non tutti si rendono conto di quanto siano importanti quei corsi, in quel Paese, in quella situazione, in quella cultura”. A parlare così è Stella Pedrazzini, coordinatrice dei programmi di INTERSOS nello Yemen del Nord. I corsi consentono a donne che hanno subito violenze, che sono dovute scappare portandosi dietro solo i figli, di cominciare a progettare un futuro.

 

Già pronto c’è un altro progetto che attende di essere avviato. Riguarda un centinaio di ragazzi rifugiati, scappati da altre guerre, che hanno ricevuto una borsa di studio per studiare e rendersi autonomi. Un progetto difficile, perché negli ultimi anni la situazione è precipitata. Perché l’edilizia scolastica non è stata risparmiata dalla guerra e i rifugiati hanno difficoltà a muoversi.

 

Come si opera in quella che risulta essere la più drammatica delle guerre? “Per una risposta esauriente occorrerebbe un libro” risponde Stella Petrazzini.  In pillole, invece? “Bisogna capire che nonostante il coordinamento e lo sforzo delle organizzazioni umanitarie, che si interfacciano con le autorità con una sola voce, si devono accettare anche i limiti e le condizioni imposte dal governo ospite. Con una barra precisa però: Il rispetto del diritto internazionale e dei principi e valori umanitari. Col rispetto dei diritti delle vittime”.

 

*Yemen: la crisi e la sicurezza, a cura di Anna Maria Medici

 

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