Dall’uniforme dell’esercito alla tuta blu da elettricista.

Tra cavi rossi e blu, pannelli di controllo e lampadine, Abdi ha dato un nuovo senso alla sua vita. A 17 anni ha già una lunga storia alle spalle: come tantissimi suoi coetanei, una volta Abdi era un soldato, attratto nella spirale della guerra civile dall’ideologia e dal salario mensile. “Col tempo abbiamo capito che gli adulti che ci reclutavano non facevamo altro che del male alle nostre stesse comunità. Per questo ho lasciato”.

Si agita parlando di quei tempi, gesticola mentre racconta di quanto era coraggioso in battaglia e si incupisce pensando ai ragazzi e alle ragazze come lui, sedotti dalle idee e dal denaro che i combattenti di Al-Shabaab gli promettono.

Quella di Ali è una storia molto simile. “Mi sono unito ad Al-Shabaab quando ero ancora un bambino, a quell’età non si è pienamente consapevoli delle scelte che si prendono”. Ali racconta poi di quanto sia stato stressante “giocare a fare la guerra”, per questo invita i suoi coetanei a non prendere la stessa strada. “Non renderà la vostra vita bella. Solo migliorare se stessi attraverso l’istruzione può farlo. Non unitevi a questi gruppi. Vi porterà solo alla morte”.

Abdi e Ali non vogliono tornare indietro

Con il supporto delle loro famiglie, sono stati inseriti nel programma di formazione professionale che INTERSOS, in collaborazione con l’Unicef, attua per reintegrare gli ex bambini soldato in Somalia. Si tratta di bambini con un’istruzione e delle competenze limitate, che non hanno speranze di trovare un lavoro ma che hanno tanta voglia di mettersi in gioco e di trarre il meglio dalla seconda possibilità che viene offerta loro.

L’entusiasmo anima il centro di formazione in cui sono ospitati: è negli occhi di Abdi e Ali, che si districano tra cavi e lampadine, dei ragazzi del corso di falegnameria, alle prese con trapani e levigatrici, e ancora dei giovani del gruppo di idraulica mentre fanno pratica con gli strumenti del mestiere. Lo si vede nelle mani sapienti delle ragazze che, con ago, filo e macchine da cucito, in pochi mesi sono diventate delle sarte esperte. Anche loro, come i ragazzi, sono spesso reclutate dai gruppi armati, o sono a rischio di esserlo.

La violenza, gli abusi e gli sfruttamenti sui bambini sono le conseguenze più devastanti di una guerra che dura ormai da più di venti anni, in cui, stando alle stime di Unicef, sarebbero circa 6.000 i bambini e i ragazzi ancora nei ranghi dei gruppi armati, soprattutto nelle regioni centrali e meridionali della Somalia.

Sono circa 900 i ragazzi e ragazze che nel 2016 hanno beneficiato del progetto di INTERSOS e UNICEF. Adesso la loro storia può diventare a lieto fine: la formazione che ricevono e il continuo supporto nel processo di reintegrazione li tengono lontani dalla morsa dei gruppi armati e li proteggono all’interno delle loro famiglie e delle loro comunità.