“Il giorno dell’esplosione eravamo seduti fuori, i bambini stavano giocando tra loro, mia figlia era seduta e aspettava una telefonata di lavoro. D’un tratto è avvenuta l’esplosione, mia figlia è stata sbalzata in aria, la finestra si è rotta cadendole addosso, lasciandole ferite sulla testa”. Alice, donna e madre di 7 figli, il 4 agosto si è vista cadere il mondo addosso. L’esplosione nel porto di Beirut ha distrutto parte della sua casa lasciando lei, i suoi sette figli e sei nipoti in gravi difficoltà economiche.

 

 

 

“Mia figlia ha 30 anni, dopo quel brutto incidente è stata licenziata. Si prendeva cura di una signora anziana. Quando il suo datore di lavoro ha visto il braccio ingessato, causato dalla caduta durante l’esplosione, ha deciso di toglierle l’incarico per paura che non fosse più in grado di badare alla madre”. La famiglia di Alice riesce a sopravvivere con grandi difficoltà, l’esplosione ha danneggiato molto la loro casa; la porta del bagno è volata via, la finestra è saltata, il vetro distrutto. Ogni cosa è volata via quel giorno. 

 

INTERSOS ha bussato alla porta di Alice e della sua famiglia: gli operatori hanno parlato con loro chiedendo quali fossero i bisogni più impellenti e distribuendo beni di prima necessità. “Quel giorno finalmente siamo riusciti a mangiare un piatto di pasta”, racconta Alice, “non avevamo neppure i piatti, era andato tutto distrutto”. Sono più di 3 mila i civili assistiti dall’organizzazione nella ricostruzione e ristrutturazione delle abitazioni danneggiate da quel 4 agosto 2020. 

 

 

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