Nel 2020 si sono registrate le piogge più abbondanti degli ultimi 65 anni, quest’anno, invece, la stagione in molte aree ha tardato ad arrivare. Il cambiamento climatico è tangibile, ostacola l’azione umanitaria e mette in ginocchio il Paese

 

 

La stagione delle piogge dell’anno scorso, oltre ad aver fatto esondare in modo eccezionale il Nilo Bianco e molti altri corsi d’acqua, ha fortemente colpito il “Sudd”, un’area paludosa del Paese, la più vasta area paludosa dell’Africa, con una spaventosa quantità di acqua che ad oggi non è ancora tornata ai livelli della stagione secca. Le piogge di quest’anno, in ritardo sul calendario di almeno 4 mesi, iniziate a fine luglio invece che ad aprile, hanno lasciato alcune aree secche, infierendo sulla sussistenza delle popolazioni e creando situazioni allarmanti nelle zone dove l’acqua caduta lo scorso anno è ancora stagnante.

 

In Sud Sudan il cambiamento climatico è tangibile” dice il capo missione di INTERSOS, Stefano Antichi. “Le piogge irregolari – spiega – comportano un’alterazione del ciclo dell’agricoltura: quest’anno sono arrivate in ritardo”. I programmi di intervento nel Paese hanno risentito di questo sfasamento nel calendario delle precipitazioni.

 

Una delle principali attività umanitarie in Sud Sudan è la distribuzione cibo e di kit di sussistenza, contenenti anche semi e strumenti agricoli. Una volta seminato, le piogge non sono però arrivate creando disagi e imponendo una revisione dei piani. Stefano Antichi ci racconta che “Il problema più grande con cui ci confrontiamo ogni giorno è l’accessibilità di certe aree, il che rende difficile il lavoro umanitario e le stesse comunicazioni. Il Sud Sudan ha un equilibrio fragilissimo. Non ha un sistema di strade sviluppato e gli aeroporti sono piste di terra battuta che durante le piogge diventano inaccessibili, così come le strade che si trasformano in fiumi rendendo difficile raggiungere le comunità che vivono nelle aree più remote. La situazione meteorologica influisce sulla vita delle persone molto più che in altri paesi, perché qui la sussistenza dipende interamente dall’alternarsi della stagione delle piogge con quella secca”.

 

Le conseguenze dei cambiamenti climatici sull’equilibrio interno del Sud Sudan

 

L’instabilità della stagione delle piogge ha esacerbato l’insicurezza alimentare: il 60% della popolazione non ha accesso regolare al fabbisogno alimentare quotidiano. Nel 2020 il Sud Sudan ha dichiarato la carestia, che in alcune aree è ai massimi livelli di emergenza. Tra queste, le contee di Akobo e Pibor, che sono casi esemplari dell’effetto del cambiamento climatico. Il terreno tipico del Sud Sudan prende il nome di black cotton soil, perché ricorda la capacità del cotone di impregnarsi e trattenere l’acqua. La sussistenza in queste zone dipende dalla pastorizia, che porta a frequenti spostamenti della popolazione in cerca di terreni adatti per nutrire gli animali.

 

Più della metà della popolazione dipende dalle distribuzioni di cibo da parte delle agenzie umanitarie, che a loro volta dipendono dall’accessibilità delle aree di intervento. “Per sei mesi non abbiamo avuto accesso ad alcune aree dello Stato del Jonglei, perché l’elicottero non riusciva ad atterrare a causa delle piste infangate e così le distribuzioni hanno tardato”, continua il capo missione. “Queste caratteristiche rendono il lavoro umanitario molto complesso, capita spesso di andare “sul campo”, in località remote e non sapere quando si riuscirà a tornare”.

 

Dove i mercati locali hanno una fornitura più o meno regolare di derrate alimentari, come Akobo, INTERSOS garantisce assistenza economica per l’acquisto di cibo in loco, insieme a programmi di formazione delle comunità locali su tecniche elementari agricole e di pesca, nell’ottica di creare sostenibilità e costruire resilienza ai cambiamenti climatici. Questi ultimi, pure sono responsabili del peggioramento dell’equilibrio, già molto fragile, della pace nel Paese. La carestia ha inasprito i conflitti tra le diverse comunità, che negli ultimi mesi del 2021 sono stati la causa di molti morti nelle aree rurali e anche di più di 10 vittime tra gli operatori umanitari. Il futuro del Sud Sudan è oggi più che mai incerto, in balia della carestia, di un conflitto interno che sta degenerando e una popolazione che deve lottare ogni giorno per sopravvivere.

 

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