A dieci anni dall’inizio della guerra, sono 6 milioni i siriani fuggiti all’estero e 7 milioni gli sfollati interni.

 

 

Il popolo siriano vive in una condizione di crisi umanitaria da dieci anni. Dieci anni in cui i bisogni umanitari sono aumentati notevolmente: cibo, casa, cure mediche, infrastrutture. Con il trascorrere del tempo tutto è venuto a mancare. Secondo un recente rapporto del Norwegian Refugee Council, considerato lo stato attuale della crisi si rischia un aumento di 6 milioni di sfollati in più nei prossimi dieci anni. Cifra che si aggiungerebbe ai già 6,5 milioni di persone attualmente fuori dalla terra di origine. 

 

Questi numeri fanno della Siria il paese con più sfollati al mondo. Altri anni di crisi si tradurrebbero inevitabilmente in uno stato di insicurezza e deterioramento economico dilagante. I dati macroeconomici non ci sono, il prodotto interno lordo, secondo l’International Monetary Fund, è fermo al 2010. A seguire, il grafico di andamento segnala un “no data”.

 

Un popolo di sfollati

 

Si stima che nel 2020 a fronte di quasi 467.000 siriani che hanno fatto ritorno nel loro paese, ci siano stati circa 1,8 milioni di nuovi sfollati all’interno della Siria stessa. 

 

Dal 2011 ad oggi chi ha lasciato il proprio paese lo ha fatto per cercare rifugio nei territori confinanti come Libano e Giordania, che ospitano rispettivamente 1,5 e 1,3 milioni di rifugiati siriani. Famiglie che dall’inizio del conflitto vivono in campi, insediamenti informali o case spesso al di sotto degli standard minimi di dignità, senza sapere quando potranno fare ritorno nelle loro città o villaggi. In ogni caso, anche per chi sta tentando di fare ritorno, quello che si prospetta è uno scenario di distruzione e assenza o carenza di infrastrutture e beni di prima necessità. Come stabilito anche dalle Nazioni Unite, non sussistono al momento in Siria le condizioni minime per un ritorno in sicurezza e dignità per coloro che hanno trovato rifugio all’estero.

 

Gli aiuti umanitari in Siria

 

La Siria è il paese con più sfollati al mondo, un primato accompagnato da altrettanto drammatici numeri, come gli 11 milioni di persone che hanno bisogno di aiuti umanitari, di cui più di 4 milioni sono bambini. “Chi prova a tornare a casa trova macerie e distruzione e anche per noi operatori e operatrici è diventato complesso raggiungere molte aree del paese”, racconta Marcello Rossoni, Direttore Regionale di INTERSOS per il Medio Oriente.

 

 “Le condizioni economiche sono allarmanti”, afferma Rossoni, “le famiglie non hanno la possibilità di comprare né cibo né medicinali e spesso per sopravvivere ricorrono a ‘strategie alternative’ come il lavoro minorile, l’illegalità, la riduzione dei pasti nei nuclei familiari e coloro che più divengono vittime di queste dinamiche sono prevalentemente i minori, che spesso abbandonano la scuola per trovare guadagni e sostenere genitori, fratelli e sorelle”. 

 

L’importanza del sostegno psicosociale in Siria

 

Nonostante il conflitto si sia ora “stabilizzato”, restano inaccessibili le aree del Nord Ovest e Nord Est dove la sicurezza è precaria, l’assistenza umanitaria è minima e in molte aree impossibile da garantire. INTERSOS, oltre che intervenire con un programma di “winterization” che consiste nel rifornire le famiglie di coperte, vestiti ed ogni altro indumento utile a sopravvivere al gelo siriano nelle aree di Rural Damasco ed Hama, porta avanti anche attività di distribuzione di beni di prima necessità, e percorsi di protezione e tutela per donne e minori, soprattutto attraverso regolare supporto psicosociale, grazie ai fondi e al sostegno dell’Unione Europea. 

 

I traumi che lasciano dieci anni di conflitto sono inimmaginabili, Rossoni racconta la necessità di agire anche e ancora di più in questo periodo, in tutto ciò che concerne l’ambito di primaria assistenza sanitaria: “Vogliamo avviare interventi medici con l’utilizzo di cliniche mobili che cerchino di rispondere ai bisogni primari legati alla salute, soprattutto in questi mesi dove dilaga la pandemia da COVID-19 e le persone necessitano di essere sensibilizzate e visitate per verificare la possibile presenza di sintomi legati al virus”. 

 

Con una pandemia globale che dilaga da oltre un anno, la fine di una guerra pluriennale appare come qualcosa di molto lontano dal realizzarsi. Il popolo siriano non può più tollerare una vita sospesa nell’incertezza e nella devastazione, la comunità internazionale ha l’obbligo di continuare a lavorare per la fine della crisi, per ottenere la piena apertura di spazi umanitari che permettano alle organizzazioni di assistere le persone in stato di bisogno, il ritorno dei rifugiati, degli sfollati, la stabilizzazione dell’intero sistema paese.

 

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