La scuola più vicina è raggiungibile solo in autobus, ma il biglietto è troppo caro per i loro genitori che non hanno un lavoro stabile. Così Sevin, bambina di 12 anni, e suo fratello Ahmed di 11, rifugiati siriani in Iraq, per tanto tempo non hanno avuto accesso all’istruzione. Fino all’arrivo delle scuole mobili di INTERSOS, la risposta all’emergenza scolastica che coinvolge quasi 60mila bambini siriani rifugiati in Iraq. “Le ragioni sono molteplici”, spiega Marco Fuduli, operatore umanitario INTERSOS in Iraq. “Per i genitori la scuola può essere troppo costosa o troppo lontana, e a volte le lezioni possono non essere in lingua araba”.

Così INTERSOS, in partnership con UNICEF, ha realizzato il progetto “scuole mobili”: un furgone, con a bordo due tende che una volta aperte diventano due classi, gira l’intera area di Erbil per garantire un’istruzione ai bambini rifugiati con due turni giornalieri. Ogni comunità individua al suo interno gli inseganti che si ispirano al metodo Montessori (lezioni interattive alternate a momenti di gioco).

IL SOGNO DI AHMED
La scuola mobile è arrivata alcuni mesi fa nel villaggio di Shawis dove vivono Sevin e Ahmed. “Stavano a casa a far niente, oggi invece hanno la possibilità di costruirsi un futuro”, racconta Aziza, la mamma dei deu bambini. A riguardo Ahmed ha le idee piuttosto chiare: “Voglio diventare un insegnante”. “Mi sto impegnando molto. Mi piacciono molto l’arabo e la musica. Sto studiando a suonare il tamburo”.