Perché la mediazione culturale è indispensabile per l’accesso alla salute
Troppo spesso le persone in movimento, provenienti da diversi paesi e in cerca di condizioni di vita migliori, in Italia si trovano di fronte a barriere tanto banali quanto insormontabili per accedere ai servizi di cui ogni cittadino normalmente può usufruire. Questo purtroppo è dovuto a lingue e culture diverse e soprattutto, all’assenza di figure fondamentali di mediazione interculturale. La sanità è uno dei settori dove la mediazione linguistica e culturale è imprescindibile.
Quando mancano le parole, manca anche la cura
In un’Italia sempre più multiculturale, l’accesso ai servizi sanitari non può più prescindere da una reale capacità di ascolto, comprensione e relazione tra persone di culture e lingue diverse. Il diritto alla salute – sancito dalla Costituzione e riconosciuto a livello internazionale – si realizza solo quando la comunicazione tra pazienti e operatori sanitari è effettiva, comprensibile, rispettosa. Per questo, la mediazione culturale è oggi un servizio essenziale.
I mediatori culturali non sono semplici traduttori. Sono professionisti che facilitano il dialogo tra persone migranti e personale sanitario, mettendo in relazione non solo lingue diverse, ma anche culture differenti e differenti visioni del corpo, della salute, della malattia, della cura. Operano nei luoghi in cui la vulnerabilità è massima: negli insediamenti informali, nei centri di accoglienza, nei consultori, negli ambulatori, nei pronto soccorso, negli ospedali. Ascoltano, spiegano, comprendono e trasmettono informazioni fondamentali. Aiutano a costruire ponti e fiducia.
“Stavo male, avevo un forte dolore al petto. Ho provato a cercare di capire come fare una visita medica in fretta, ma non riuscivo a capire dove dovevo andare e da chi farmi visitare. All’ospedale si sono arrabbiati perché poi per la paura ho iniziato ad agitarmi ma non riuscivo a spiegarmi e allora sono andato via. Pensavo di morire perché non sapevo dove andare e, non conoscendo l’italiano, non sapevo cosa fare e con chi parlare. Alcuni giorni dopo, vicino alla stazione, ho visto un mezzo dell’organizzazione INTERSOS. Era una clinica mobile con una dottoressa e una mediatrice. Mi hanno spiegato nella mia lingua che avevo un semplice dolore di stomaco dato probabilmente dal fatto che non mi stavo alimentando bene. Ora sto meglio e la mediatrice, originaria del mio paese, mi ha anche spiegato cosa posso mangiare per stare meglio, senza rinunciare alle nostre tradizioni“.
INTERSOS lavora da anni in Sicilia, in Puglia e a Roma per garantire l’accesso equo e dignitoso alle cure mediche, con particolare attenzione alle persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate. In ogni intervento sanitario – dalla consulenza medica o psicologica, alla promozione della salute fino all’accompagnamento ai servizi presenti sul territorio – i nostri mediatori culturali sono parte integrante dell’équipe. Il loro contributo rende possibile ciò che altrimenti rimarrebbe parziale, inefficace o incomunicabile.
Secondo la nostra esperienza, quando la mediazione culturale è presente c’è maggiore adesione ai percorsi di cura, comprensione dei sintomi e delle terapie, riduzione degli abbandoni e delle diagnosi errate, più fiducia nel sistema sanitario. In breve: più salute e più interventi di qualità per tutti. Eppure, nonostante l’evidenza, il riconoscimento istituzionale della mediazione culturale in sanità resta fragile, disomogeneo e in molti territori insufficiente.
In Sicilia, dal 2023 è stato istituito un elenco regionale dei mediatori e facilitatori linguistico-culturali. Si tratta di un passo certamente importante, ma ancora oggi mancano dati pubblici sull’effettiva presenza di questi professionisti nei servizi sanitari.
A livello nazionale, il profilo del mediatore non è ancora stabilmente incluso nei livelli essenziali di assistenza. Inoltre, troppe volte, il loro impiego dipende da progetti a termine, precari, frammentati.
La salute non è solo cura. È relazione, fiducia, comunicazione. È riconoscimento reciproco. Per questo, non ci può essere un sistema sanitario equo e accessibile a tutte e tutti, che curi le persone senza mediazione culturale.
Cosa serve in Italia
INTERSOS chiede con urgenza che le istituzioni competenti – a tutti i livelli – si impegnino concretamente per garantire un accesso equo e universale alla salute attraverso un’integrazione strutturale della mediazione culturale nei sistemi sanitari pubblici. In particolare, chiediamo:
- Il riconoscimento formale e stabile della figura professionale del mediatore culturale a livello nazionale e regionale sanitario all’interno dei servizi pubblici;
- Il riconoscimento stabile della figura del mediatore all’interno dei servizi di sanità pubblica e il suo inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA);
- L’adozione di standard formativi comuni e percorsi di qualificazione professionale che valorizzino le competenze linguistiche, culturali e relazionali;
- Il finanziamento strutturale e non occasionale dei servizi di mediazione culturale, con fondi dedicati e continuità operativa;
- Il monitoraggio e la raccolta sistematica di dati su presenza, attività e impatto della mediazione culturale nei contesti sanitari;
- La partecipazione attiva dei mediatori culturali alla definizione delle politiche sanitarie che li riguardano, come professionisti e portatori di esperienza.
La mediazione non è solo traduzione. Io vedo una persona e immediatamente capisco quali difficoltà sta affrontando. Vengo dallo stesso contesto, conosco il loro modo di pensare, so perché hanno certe paure e perché certe cose per loro sono più difficili.
Souleye Wague, mediatore con INTERSOS




