Dal 28 maggio al 19 giugno è a Roma, in piazza Testaccio, la mostra della fotografa Cinzia Canneri (World Press Photo 2025) che, insieme a INTERSOS, ha attraversato l’Afghanistan del Sud e catturato la vita delle donne che non conoscono il tempo

 

 

L’Afghanistan continua a fare i conti con più di 40 anni di crisi e conflitti. Oggi circa metà della popolazione -quasi 23 milioni di persone- ha bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere.

La crisi umanitaria afgana è aggravata dall’economia estremamente fragile, messa completamente in ginocchio dall’agosto del 2021, con il ritorno al potere dei Talebani, dall’isolamento e dalle sanzioni internazionali, e dalla riduzione drastica dei fondi per lo  sviluppo. A questo si aggiungono i frequenti rischi di alluvioni ed eventi naturali, anche catastrofici, conseguenze dei cambiamenti climatici; la mancanza dei servizi di base per la popolazione e l’instabilità politica regionale. Rimane, inoltre, estremamente diffuso il problema della malnutrizione acuta che oggi colpisce 3,5 milioni di bambini sotto i cinque anni, uno su cinque.

In questo contesto, in particolar modo nelle aree rurali dell’Afghanistan, che occupano la gran parte del paese, il tempo sembra essere come sospeso nel passato.  Mancano elettricità, acqua potabile e molti dei segni distintivi della modernità.

Spesso uomini e donne non conoscono nemmeno la propria data di nascita. I documenti fino a poco tempo fa non servivano, e solo in pochi hanno appuntato la data di nascita dei propri figli sul dorso del Corano. Le donne, in particolare, fanno i conti partendo dal giorno delle nozze, ipotizzando quale età potessero avere quando hanno raggiunto l’evento cruciale della loro vita.  

Soprattutto per le donne delle aree rurali del sud del Paese, il tempo è scandito da giornate sempre uguali che spesso hanno come unico obiettivo la sopravvivenza dei figli. L’imposizione prolungata di restrizioni dei diritti da parte delle autorità talebane, a partire dall’educazione e dal lavoro, ha aumentato la vulnerabilità delle donne e altri gruppi a rischio, limitando l’accesso ai servizi essenziali e alle opportunità di sostentamento, approfondendo le disparità e aggravando, anno dopo anno, i bisogni umanitari. Le donne di INTERSOS -dottoresse, infermiere, ostetriche, psicologhe- riescono ancora a lavorare in quanto occuparsi di sanità è ancora possibile. Il loro contributo è essenziale per la sopravvivenza delle altre donne che altrimenti non avrebbero punti di riferimento, non potrebbero essere assistite durante la gravidanza e il parto, non potrebbero far vaccinare e curare i loro bambini.

La fotografa Cinzia Canneri, quest’anno vincitrice del World Press Photo, ha catturato la vita quotidiana delle donne afgane che vivono nel sud del Paese, nelle regioni di Zabul e di Uruzgan, in case di fieno e fango, tra montagne completamente isolate dal mondo quando nevica. Donne senza età e senza percezione del futuro. Ma anche donne resilienti. Queste foto mostrano volti stanchi ma anche sorrisi. Pelle invecchiata precocemente ma anche occhi luminosi. 

In queste immagini c’è anche tanta forza, quella delle donne che lavorano per le donne: c’è la determinazione e la resilienza delle operatrici umanitarie afgane che si prendono cura delle altre donne. 

Noi di INTERSOS restiamo come non mai convinti della centralità del ruolo attivo delle donne che, ancora oggi, rappresentano circa il 50% del nostro staff nel Paese, e dell’imprescindibilità del loro contributo all’azione umanitaria e, in genere, alla crescita della società afgana.

 

-I progetti di INTERSOS in queste aree del Paese e il reportage fotografico sono realizzati grazie al supporto dell’Unione Europea